Questa sera sarò in Accademia della Felicità a parlare di come ci si mette in proprio. Si tratta di un intervento inserito nel programma della Happiness Week 2017, con l’obiettivo di parlare di come si può essere felici costruendosi il lavoro dei sogni, invece che andarlo a cercare. L’anno scorso ho fatto un intervento simile, e l’ho iniziato così: “Se volete mettervi in proprio per essere felici… non mettetevi in proprio!”
Sì, è passato un anno, ma nulla è cambiato. Ho solo conosciuto molte più persone intenzionate ad aprire la propria attività. Alcune spinte da una forte motivazione. Altre da non so bene quali motivi. Io li riassumo così:
- va di moda
- a volte siamo costretti ad aprire la partita IVA semplicemente perché ce lo chiedono i nostri datori di lavori
In ogni caso, è importante domandarsi il perché. Perché si vuole prendere la strada della libera professione? Per lavorare meno ore? Per guadagnare di più? Per rendere il mondo un posto migliore? Tutte i perché sono leciti. Basta farsi la domanda…
Per mettersi in proprio ci vuole preparazione
Per mettersi in proprio bisogna prepararsi. Io parto sempre dal Business Model, che per molti è il fratello povero e sfigato del Business Plan, e invece è uno strumento fondamentale. Se si parte dal BP è come costruire una casa senza prima aver posato solide fondamenta. Non è una passeggiata, ma nemmeno una cosa impossibile. E facendo il BM scoprirete un sacco di cose sul lavoro che volete fare, i servizi che volete vendere, e anche su voi stessi…
Detto questo, ecco alcuni semplici consigli se volete ancora mettervi in proprio, dopo aver capito perché.
- NON TERGIVERSATE – se la decisione è presa e il business model fatto, aprite questa cavolo di partita IVA! Il tempo della ricerca e della preparazione non può continuare in eterno. Se continuate a pensarci su, senza mai arrivare al dunque, fate come nel Monopoli e ripassate dal via. Cioè ricominciate dal perché. Forse la prima volta avete preso questa domanda troppo alla leggera.
- ABBRACCIATE LA VOSTRA IMPERFEZIONE – aprire un’attività in proprio richiede molta, moltissima imperfezione. Spesso si va a tentativi, e se non potete accettarlo evidentemente la vita del freelance non fa per voi. Continuerete a domandarvi per tutta la vita se siete abbastanza bravi, se state fatturando abbastanza, se i vostri servizi sono davvero belli. Ogni giorno aggiusterete i vostri piani, farete modifiche, andrete più veloci o dovrete rallentare. Insomma, se non vi piacciono le montagne russe, scendete dalla giostra.
- DATEVI OBIETTIVI REALISTICI – essere freelance probabilmente non vi consentirà di viaggiare di più, di passare più tempo con famiglia e amici, di guadagnare vagonate di soldi. Non subito almeno. Quindi pianificate quello che volete. Osservate dove vi trovate oggi e dove volete essere tra 6 mesi, un anno, tre anni. Fate un action plan di tutte le azioni che dovete fare per arrivare dove vi siete prefissati. E guardatelo tutti i giorni per verificare che la direzione sia sempre quella giusta.
- ACCETTATE LA RESPONSABILITÀ – se siete freelance e qualcosa non va, è responsabilità vostra. Non potete dare la colpa al gatto, che vi ha mangiato i compiti. E le cose si complicano quando crescete e avete dei collaboratori. Se non riuscite a immaginare di sopportare l’ansia di pagare lo stipendio tutti i mesi ai vostri dipendenti, allora pensateci su. Non è facile immaginarselo all’inizio, ma siate onesti: sapete quanto siete resistenti e resilienti. Quindi decidete di conseguenza.
- IMPARARE A DIRE DI NO A QUALSIASI ALTRO IMPEGNO PER DIRE SI AL VOSTRO BUSINESS – Ora, non è che rinuncerete completamente alla vostra vita sociale. Ma quando vi chiedete perché volete mettervi in proprio mettete in conto anche il fatto che dovrete dedicare al vostro business moltissime ore della vostra giornata. Se il solo pensiero vi dà la carica, siete sulla strada giusta.
- LEGGETE LE STORIE DI ALTRI IMPRENDITORI – non andate solo a spulciare i discorsi di Steve Jobs. Leggetevi le storie di altri freelance, o di chi ha fatto il salto ed è diventato imprenditore. Soprattutto andate a cercarvi quelle che “non sono tutte rose e fiori” perché di solito sono le più sincere. Io ho amato l’articolo di Francesca Zampone “La verità sul tennis“. Non perché faccio una piccola comparsata come guest star (grazie, grazie, grazie), ma perché dice delle verità che avrei voluto dire io e che finora non ho avuto il coraggio di fare in maniera così diretta, sincera e spudorata.